biografia
Fabio Massimo da Sant’Urbano, figlio di Guglielmo maestro di grammatica, studente a Padova nel 1398, si laureò nel 1402 e si immatricolò nel collegio dei giuristi; conseguì poi il dottorato anteriormente al 1407 e raggiunse anche la laurea in diritto canonico diventando quindi dottore in utroque iure. È attestato come docente, in dubbio però se sullo scranno del diritto civile o del canonico, nello Studio patavino dal 1420 (Belloni 1986). Il suo nome, dal 1400 al 1446 compare tra i promotori di diversi colleghi e poi allievi, mentre nel medesimo anno in cui è segnalato in cattedra, fu coordinatore dei giuristi che lavorarono alle modifiche degli statuti cittadini (Gloria 1888). Dal 1403 in poi figura in diversi documenti archivistici nel ruolo di giudice, fu inoltre sorteggiato come priore del collegio dei dottori giuristi per il 1435. Il primo gennaio 1449 aggiunse un codicillo al proprio testamento ed entro pochi mesi morì.
tipologia tomba
ubicazione
posizione nell'edificio
Chiostro del Capitolo, lato sud.
autori
matriali e tecniche
Marmo rosso scolpito e inciso.
stato di conservazione
note storico-critiche
L’arca di Fabio Massimo è un semplice quanto prezioso avello in marmo rosso retto da due importanti mensole lavorate a racemi e portanti, in posizione frontale, due stemmi familiari, poi ripetuti anche nella cassa marmorea soprastante. L’emblema di sinistra con il leone fasciato è quello della famiglia Sant’Urbano, a destra si trova l’insegna della famiglia Saviolo con pelle di ermellino e nella metà inferiore le tre bande; è riferibile ad Annibale Saviolo, probabile pronipote di Massimo che fece restaurare il monumento sepolcrale nel 1584 (Salomonio 1701; Gonzati 1853). Su queste strutture poggia l’arca, perimetrata da cornice a dentelli e ospitante nella parte frontale al centro tra i blasoni, la dedica al defunto; alle estremità si trovano le grossolane sculture del complesso dell’Annunciazione: la Vergine reggente un libricciolo sul lato sinistro, l’arcangelo Gabriele con i gigli in quello destro. I due rilievi sono inseriti da Carrington, ma sulla scorta dell’interpretazione di Gonzati, tra le opere dei discepoli di Andriolo de Sanctis (Carrington 1996). Tuttavia, oltre alla difficile concordanza temporale, è la stessa qualità del tagliapietre a sembra distante dalla lezione di Andriolo e della sua cerchia. La pietra tombale a coronamento del sarcofago è infine decorata nel suo spessore da un importante modanatura fogliata. Come detto, il complesso venne modificato nel penultimo decennio del Cinquecento da Annibale Saviolo, illustre personaggio della politica padovana, giurista di professione, rinomato docente dello Studio ricordato dal Portenari (Portenari 1623), più volte membro della Veneranda Arca del Santo e anche suo presidente. Probabilmente la famiglia ebbe rapporti di consanguineità con i Massimo e Annibale volle ricordare l’intervento di recupero da lui finanziato con una targa posta al di sotto del monumento. Già nell’Ottocento, quando Gonzati si apprestò a scrivere la sua monografia sulla basilica (Gonzati 1853), entrambe le targhe poste tra le mensole, ovvero l’epigrafe originaria in caratteri gotici e quella commissionata da Saviolo, erano andate disperse. Foladore indica nella diversa qualità dell’apparecchiatura muraria immediatamente al di sotto del sarcofago il segno tangibile della loro antica presenza.
bibliografia
Angelo Portenari, Della felicità di Padova, Pietro Paolo Tozzi, Padova 1623, pp. 265, 283; Jacobi Salomoni Urbis Patavinae inscriptiones sacrae, et prophanae, Johannes Baptista Caesari, Padova 1701, pp. 396-396; Bernardo Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II, coi tipi di antonio bianchi, Padova 1852-1853, vol. II, pp. 130-131; Andrea Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), tipografia del seminario, Padova 1888, pp.269-270; Annalisa Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV, v. Klostermann, Frankfurt am Main 1986, p. 344; Jill Emilee Carrington, Sculpted tombs of the professors of the University of Padua c. 1353 c. 1557, art dissertation, Syracuse University 1996, pp. 321-323.