SANVITO BONJACOPO

biografia

Indicato come professore di diritto civile dalla maggior parte dei biografi (Colle, Vedova 1825; Gonzati 1853; Wolters 1984; Carrington 1996;) è messo però in dubbio dagli studi di Andrea Gloria (Gloria 1888). Bonjacopo o Giacomo (Foladore 2009), nacque nella seconda metà del Trecento dal medico Bonjacopo e da Caterina da Sant’Angelo ed ebbe per avo paterno Ziliolo Sanvito. Fu studente di legge nell’Università di Padova alla fine degli anni sessanta e si laureò nel 1371. Compare da quella data nel collegio dei giudici e prese servizio nel palazzo del Comune, non smise però di studiare poiché conseguì il dottorato nel 1378 e dunque si immatricolò nel collegio dei dottori giuristi di cui divenne gastaldo nel 1384. Erede di parte della libreria del civilista Fantino da Sanvito morto nel settembre 1388, non fece in tempo a goderne poiché spirò tra il 7 e il 12 ottobre 1388. Nel testamento stilato i primi giorni di ottobre la libreria Sanvito a carattere medico e già ereditata con ogni probabilità dal padre, venne lasciata al professore di medicina Jacopo Zanettini mentre le rimanenti ricchezze dovevano giungere a Talsimano -Talemanno o Talismano- di Loto da Firenze e dopo la morte di questi, tornare in famiglia nelle figure di Bartolomeo e Pietro Sanvito (Gloria 1888).

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Chiostro del Capitolo, lato nord, sotto il sarcofago di Nicolò Raimondi da Monselice.

matriali e tecniche

Pietra di Nanto scolpita.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

Come indica Gloria, il defunto nel suo testamento esplicitò la volontà di essere tumulato nella basilica di Sant’Antonio (Gloria 1888). Il sarcofago, tripartito frontalmente da colonnine tortili, chiuso alla base da una cornice dentellata e nella parte apicale da un’importante modanatura a foglie d’acanto, mostra nel rettangolo centrale la scultura a bassorilievo del dotto in cattedra. Lo scranno dalle sembianze di un’architettura gotica finemente lavorata anche alle spalle del docente, finge traforature e decori floreali localizzati specialmente nella seduta mentre sul leggio in cui è disteso il grande volume aperto e svolto da Bonjacopo è ben visibile uno stipetto rinserrato da chiavistello; lo scultore crea una visione totale della struttura circondando e inglobando completamente il giurista che dunque è contemporaneamente appoggiato a uno schienale e sovrastato dallo stesso; il manufatto seppur completamente leggibile risulta danneggiato in alcuni elementi. Doveva apparire finemente curato l’aspetto di questo avello e la scelta iconografica con cui i successori vollero eternare il defunto è uno dei motivi che spingono a reputarlo anche professore oltre che uomo di legge per il Comune. Wolters, tuttavia, pur accogliendo pianamente Sanvito tra i docenti, evidenzia come l’effigiato non sia espressamente ritratto come cattedratico bensì come più generico studioso (Wolters 1984), individuando il gesto dello svolgere delle pagine più che quello della recita e dunque dell’insegnamento ben ravvisabile invece nella più tarda scultura del docente Nicolò Raimondi immediatamente al di sopra di questo sepolcro. Di tutt’altro parere Wolff (Wolff 2003) che con l’ausilio delle parole quattrocentesche di Michele Savonarola, sottolinea i diversi aspetti della lezione universitaria, ancorando anche quest’immagine al tipo del dotto in cattedra. Nei due scomparti laterali, si ripetono, entro formelle quadrilobate circondate da elementi fogliacei, i blasoni della famiglia Sanvito. Il motivo, in maniera analoga alla stragrande maggioranza dei sepolcri trecenteschi, si scorge anche nei modiglioni sottostanti mentre nello spazio tra i due è posta, dentro cornice dentellata, la targa dedicatoria che risulta però essere pesantemente danneggiata nella parte sinistra e in tutta la terminazione; fortunatamente il contenuto è stato tramandato dalle descrizioni della basilica susseguitesi a partire dal sedicesimo secolo.

bibliografia

Francesco Maria Colle, Giuseppe Vedova, Storia scientifico letteraria dello Studio di Padova, Tipografia della Minerva, Padova 1824; Andrea Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), Tipografia del Seminario, Padova 1888, p. 264; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II , Coi tipi di Antonio Bianchi, vol. II, Padova 1852-1853, p 90; Wolfgang Wolters, Il Trecento, in Le sculture del Santo di Padova, a cura di Giovanni Lorenzoni, Neri Pozza Editore, Vicenza 1984, pp. 5- 30: pp. 21-22 ; Jill Emilee Carrington, Sculpted tombs of the professors of the University of Padua c. 1353 c. 1557, Art dissertation, Syracuse University 1996; Ruth Wolff, Le tombe dei dottori al Santo. Considerazioni sulla loro tipologia, in Cultura, arte e committenza nella Basilica di S. Antonio di Padova nel Trecento, Atti del Convegno internazionale di studi (Padova, 24-26 maggio 2001), a cura di Luca Baggio, Michela Benetazzo, Centro Studi Antoniani, Padova 2003, pp. 277-297: pp. 281-282; Giulia Foladore, Il racconto della vita e la memoria della morte nelle iscrizioni del corpus epigrafico della basilica di Sant’Antonio di Padova (secoli XIII- XV), XXI ciclo della scuola di dottorato in Scienze storiche dell’Università di Padova, supervisori Professoressa Nicoletta Giovè Marchioli, Professore Antonio Rigon, 2009 Padova, vol I, p. 164, vol. II, p. 75-76, 235-237 Michele Tomasi,  Sondaggi da una zona d’ombra: appunti sulla scultura trecentesca al Santo, in La pontificia basilica di Sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 631-657: p. 653.

autore scheda

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