ZABARELLA MARINO

biografia

Figlio di Guglielmo Zabarella e Laura de Basili (Gonzati 1853; Belloni 1986), ebbe per cugino Francesco Zabarella che fu probabilmente il più celebre professore dello Studio padovano tra la fine del Trecento e il primo decennio del Quattrocento (Foladore 2009), nonché vescovo di Firenze, cardinale e teologo di riferimento durante il Concilio di Costanza. Marino fu scolaro del diritto canonico nello schiudersi del quindicesimo secolo, mentre venne proclamato dottore nel 1405; sullo sfondo, i grandi capovolgimenti politici della città e la dedizione alla Serenissima del doge Michele Steno. Iscritto al collegio dei giuristi e dei giudici e in servizio presso l’ufficio del Cavallo nel Palazzo della Ragione, compare come titolare di una cattedra nello Studio cittadino a partire dal 1409. Proprio in quella data Francesco Zabarella si congedava dal ruolo e veniva eletto vescovo di Firenze, indicando Marino come suo vicario durante la consacrazione del 1410. Con il testamento del 1417, l’alto prelato indicò il suo consanguineo come erede di parte della libreria, in particolare per i testi di diritto canonico e dei commentari (Valsecchi 2021). In quanto consumato uomo di legge nel 1420 venne scelto per essere nella commissione incaricata di riformare lo Statuto padovano assieme ad altri docenti e giuristi come Prosdocimo Conti e Fabio Massimo da Sant’Urbano. Fu rappresentante della città presso Venezia in diverse occasioni, tra queste un’ambasciata presso il doge Francesco Foscari nell’anno 1424 per impedire ai fiorentini della famiglia Alberti di erigere un ennesimo monumento nella chiesa del Santo (Luisetto 1983). Marino si sposò con Zabarella degli Zabarella (Gloria 1888) ed ebbero almeno due figli: Mainardo e Andrea. Morì nel 1427, anno nefasto in cui imperversava in tutto il Dominio veneto una grande epidemia di peste; Carrington indica tra i morti illustri anche Raffaele Fulgosio, Raffaele Raimondi da Como e Galeazzo Santasofia. Zabarella venne tumulato nella basilica di Sant’Antonio nel medesimo luogo in cui tutt’oggi è visibile (Carrington 1996).

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cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Navata destra precedente alla prima cappella radiale delle Benedizioni, sopra la porta che conduce al campanile.

matriali e tecniche

Marmo rosso, pietra bianca di Vicenza dipinta, affresco.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

La spesa massima da sostenere – ducati centum auri et non ultra –, la posizione e il materiale da utilizzarsi per il sarcofago erano stati indicati dallo stesso professore nel suo testamento dell’ottobre 1427 (Carrington 1996). Come sottolinea Foladore l’opera appare nel suo complesso rappresentativo e dedicatorio, una commistione tra la celebrazione di tradizione trecentesca e quella meditata nel Quattrocento (Foladore 2009). Il sarcofago in marmo rosso, retto da mensoline del medesimo materiale, porta incisa nella parte frontale, confinata tra i due blasoni stellati degli Zabarella, l’esaltazione del defunto; al di sopra il gisant scolpito con le fattezze di Marino e dipinto ab origine, seppur oggi irreversibilmente compromesso nella sua policromia per l’improvvida ridipintura effettuata da Achille Casanova nel 1941. Il cataletto reclinato verso la navata presenta il corpo disteso con occhi chiusi, mani incrociate sul ventre e i tipici indumenti dell’uomo di legge. La professione e l’appartenenza sociale sono rafforzate dalla presenza, ai piedi e sul cuscino dov’è appoggiato il capo, dei libri posti di taglio: un motivo entrato nel linguaggio scultoreo legato ai cattedratici sepolti in questa basilica con il sarcofago di Raniero degli Arsendi nel 1358. Un ramo della famiglia Zabarella aveva ottenuto sin dal 1398 il patronato della prima cappella radiale di destra (Carrington 1996) dedicata in quel tempo a santa Caterina (Valenzano 2021); logico, dunque, che Marino volesse per sé e per i suoi eredi un monumento vicino alle sepolture dei parenti. Ai moduli di questo sepolcro va poi accostato quello nel Duomo di Padova appartenente all’illustre cugino Francesco, deceduto a Costanza e traslato con grande spesa e pompa nella chiesa maggiore già dieci anni prima (Eccher 2016); un confronto nella conduzione dello scalpello tra i due maestri coinvolti evidenzia la differenza e il liquefarsi, soprattutto in questo per Marino, di certe durezze ancora trecentesche. Gonzati afferma che il monumento del Santo cadde in stato di abbandono per alcune generazioni (Gonzati 1853) prima che gli eredi lo restaurassero, apponendo una targa commemorativa dell’evento. Una testimonianza fotografica pubblicata in Carrington (Carrington 1996) mostra che al disopra dell’arco acuto si estendeva una decorazione a racemi fogliati, mentre dove oggi è presente la Vergine in stile neogotico di mano di Casanova (Venturini 1995), era dipinto un blasone racchiuso in lobi. Un’interessante indicazione presente nell’inventario del Museo Antoniano afferma che «dalla basilica di sant’Antonio sopra il monumento del cardinale Zabarella» sarebbe stata straccata una Crocifissione, in data imprecisata e oggi esposta in tre frammenti nello stesso Museo (Baggio 1995); trascurando il ruolo del personaggio sepolto al Santo, l’appunto dell’inventario è, come sottolineato da Valenzano (Valenzano 2021), assai improbabile. Due aspetti in particolar modo mal si conciliano: le preci scolpite nell’avello evocano la Vergine ed è quindi ipotizzabile che gli eredi di Marino, nel momento della costruzione della tomba si sarebbero orientati verso un altro tipo di supplica, secondo punto molto più pragmatico è dato dal confronto tra la dimensione degli strappi musealizzati e quello degli spazi del sottarco. Fattualmente se i frammenti fossero completi non potrebbero essere posti in opera. Il recente restauro di Monica Vial ha constatato che il rinnovo pittorico di Achille Casanova non si è limitato all’aggiunta dell’affrescò della Madonna in trono, ma ha coinvolto l’intero monumento funerario e dunque il sottarco, la cornice fogliata, tutta la superfice fino alla cornice dentellata della sommità, la scultura. Questa immissione all’interno di un contesto quattrocentesco si inserisce nelle grandi decorazioni che l’ente della Veneranda Arca del Santo promosse e finanziò tra la fine dell’Ottocento e gli anni quaranta del Novecento; bozzetto e cartoni preparatori per la decorazione sono custoditi presso l’Archivio della Veneranda Arca e furono donati dall’artista all’allora presidente Cesare Cannella (Venturini 1995).

bibliografia

Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II, Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, vol. II, p. 118; Andrea Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), Tipografia del Seminario, Padova 1888, pp. 214-217, 341-342; Giovanni Luisetto a cura di, Archivio Sartori, documenti di Storia e Arte francescana, Voll. IV, Biblioteca Antoniana-Basilica Antoniana, Padova 1983, vol I, pp. 679; Annalisa Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV, V. Klostermann, Frankfurt am Main 1986, p.345; Luca Baggio, Maestro del Coro Scrovegni (?) in Basilica del Santo. Dipinti, Sculture, Tarsie, Disegni e Modelli, a cura di Giovanni Lorenzoni, Enrico Maria Dal Pozzolo, C.S.A. & Edizioni De Luca, Padova – Roma 1995, pp. 85-86; Mariastella Venturini, Il Monumento Zabarella. Transetto nord, in Basilica del Santo. Dipinti, Sculture, Tarsie, Disegni e Modelli, a cura di Giovanni Lorenzoni, Enrico Maria Dal Pozzolo, C.S.A. & Edizioni De Luca, Padova – Roma 1995, pp. 353-354; Jill Emill Carrington, Sculpted tombs of the professors of the University of Padua c. 1353 c. 1557, Art dissertation, Syracuse University 1996, pp. 479-484 ; Giulia Foladore, Il racconto della vita e la memoria della morte nelle iscrizioni del corpus epigrafico della basilica di Sant’Antonio di Padova (secoli XIII- XV), XXI ciclo della scuola di dottorato in Scienze storiche dell’Università di Padova, supervisori Professoressa Nicoletta Giovè Marchioli, Professore Antonio Rigon, 2009 Padova, vol. I., p. 119, 161,vol. II., pp. 78-79, 169-171; Elisa Eccher, L’arredo scultoreo e monumentale della Cattedrale di Padova fra Trecento e primo Quattrocento, in La Cattedrale di Padova, a cura di Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2016, pp. 433-459: pp. 453-457; Giorgetta Bonfiglio-Dosio, La documentazione relativa agli interventi otto-novecenteschi, in Cultura, arte e committenza nella Basilica di S. Antonio di Padova tra Ottocento e Novecento, Atti del Convegno internazionale di studi (Padova, 22-24 maggio 2019) a cura di Luciano Bertazzo, Francesca Castellani, Maria Beatrice Gia, Guido Zucconi, Centro Studi Antoniani, Padova 2020, pp. 51-68: pp. 54-55; Chiara Maria Valsecchi, Zabarella Francesco, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2020, vol. 100, pp. 277-282; Giovanna Valenzano, L’edificio del Santo nel Medioevo: Nova Jerusalem, in La pontificia basilica di Sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 445-504: pp. 494-496; Chiara Valsecchi, Francesco Zabarella. Da Padova all’Europa per salvare la Chiesa, Franco Angeli, Milano 2021, p. 115.

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