tipologia tomba
ubicazione
posizione nell'edificio
Abside, seconda cappella radiale di destra, Cappella di Santa Rosa di Lima già Sant’Agata.
matriali e tecniche
Marmo inciso e scolpito.
stato di conservazione
note storico-critiche
Secondo i documenti rinvenuti e pubblicati in Sartori e ripresi da Carrington, Angelo Buzzacarini aveva chiesto e ottenuto di essere sepolto dinnanzi all’altare della Madonna del Pilastro (Luisetto 1983; Carrington 1996), nello stesso sepolcro in cui si trovava Folcatino Buzzacarini dal 1413 (Baradel 2021). Dopo la sua morte però l’ultimo fratello di Angelo ancora in vita, Salione, sottoposte la domanda al Consiglio Cittadino dove nonostante le lodi profuse per il defunto, il ricordo della sua devozione e del lavoro svolto per la Veneranda Arca del Santo come massaro, venne bocciata. Messa ai voti ebbe infatti trentaquattro favorevoli e sessantaquattro contrari, dunque, l’erede decise di tumulare il fratello nella parte absidale della basilica antoniana, nella terza cappella radiale di destra, allora dedicata a san Prosdocimo. Essendo però patronato della famiglia Capodilista non gli fu concesso l’inserimento dei blasoni (Carrington 1996) e certamente non pago di questa soluzione, spostò le sue attenzioni verso quella immediatamente precedente dedicata a Sant’Agata. Ne acquistò quindi il giuspatronato, pose finalmente in essere l’avello per Angelo e grazie ad altre donazioni, compresa la permuta di alcuni fondi posti in Arcella, fece apparecchiare nel medesimo luogo anche una sepoltura pe lui e per gli eredi. Le vicende si complicarono quando il figlio, di nome Tiso, trovatosi in difficoltà economiche a causa dei sequestri operati dai veneziani nei confronti dell’intera famiglia, considerata ribelle dopo i fatti di Agnadello, non riuscì a saldare i versamenti annui promessi ai frati del Santo. Si procedette dunque per vie legali nel 1515 e i frati agitarono la minaccia della demolizione di tutte le tombe e dell’affidamento della cappella ad altra famiglia. Solo Scipione Buzzacarini, a sua volta erede di Tiso, nell’anno 1544 scongiurò definitivamente questo rischio grazie ad una situazione economica più agevole e quindi al pagamento e rinnovo delle concessioni (Caringon 1996). Non sono ancora stati rinvenuti documenti comprovanti l’autore dell’opera di cui Gonzati indica il complessivo bel disegno e la «perizia squisita» (1853), la «non comune maestria». Proprio le carte del processo aperto contro Tiso nominano un altrimenti sconosciuto maestro Lorenzo, chiamato in causa come lapicida nella deposizione effettuata da frate Silvestro da Padova. Il monumento con gisant del professore, seppur collocato in posizione apicale sulla parete di sinistra della cappella, è perfettamente osservabile dal centro della stessa grazie all’inclinazione della lastra tombale e mostra Angelo, il cui volto è mutilo di una parte del naso, disteso sul cataletto con la testa adagiata sul guanciale. Le vesti con cui è scolpito si incontrano in ogni altra tomba dell’uomo di legge a lui contemporaneo: un copricapo a fasciare la testa, una lunga tunica fino ai calcagni. Le mani invece si incrociano su di un libro posto all’altezza del petto e diversi altri tomi affastellano il giaciglio. Proprio questo specifico oggetto, dallo spiccato connotato professionale e dalle forti valenze simboliche sembra essere imprescindibile per la rappresentazione dei docenti, tanto da figurare esplicitamente già nella richiesta di erezione della tomba perorata in Consiglio Cittadino da Salione e poi bocciata (Luisetto 1983). Sfortunatamente la stesura cromatica originale del sepolcro Buzzacarini è stata pressoché eliminata a causa di una recente ridipintura (Carrington 1996) e uguale sorte avversa subirono le lastre terragne della famiglia, queste però eliminate già nel 1734 allorché si provvide ad abbassare il livello di calpestio della cappella. Seguì pochi decenni dopo anche la scomparsa di un’epigrafe posta a parete, come segnala Bonaventura Perisutti nelle sue Notizie (Perisutti 1796).
bibliografia
Jacobi Facciolati Fasti gymnasii Patavini, Giovanni Manfrè, Padova 1757, p. 56; Bonaventura Perisutti, Notizie divote ed erudite intorno alla Vita ed all’insigne Basilica di S. Antonio di Padova, Tipografia del Seminario, Padova 1796, p. 95; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll.II, Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, vol. II, p. 149 ; Gianmaria Mazuchelli, Gli scrittori d’Italia, cioè notizie storiche e critiche intorno alle vite e agli scritti dei letterati italiani, Voll. VI, Giambattista Bossini, Brescia 1763, vol. I, pp. 2479- 2480; Giovanni Lorenzoni, Un possibile percorso tra le sculture, in Le sculture del Santo di Padova, a cura di Giovanni Lorenzoni Neri Pozza Editore, Vicenza 1984, pp. 219-231: p. 223; Giovanni Maria Luisetto a cura di, Archivio Sartori: documenti di storia e arte francescana, Voll. IV, Biblioteca Antoniana-Basilica del Santo, Padova 1983, vol. I, p.666; Annalisa Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV, V. Klostermann, Frankfurt am Main 1986 p. 331; Jill Emill Carrington, Sculpted tombs of the professors of the University of Padua c. 1353 c. 1557, Art dissertation, Syracuse University 1996, pp. 253- 264; Valentina Baradel, Le molteplici vite di un immagine medievale: La Madonna del Pilastro e il suo culto, in La pontificia basilica di sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 821-840: pp. 828-832.