ORSATO ANTONIO e ORSATO GASPARE

biografia

Figlio del dottore in legge e rimatore Reprandino Orsato, Antonio è indicato da Bernardino Scardeone come «praestantissimus iureconsultus et orator elegantissimus» (Scardeone 1560). Si laureò a Padova intorno al 1465 e senza dubbio in quell’anno venne iscritto nel collegio dei giuristi (Foladore 2009). Alla stessa data si lega l’inizio della docenza del diritto civile «su una cattedra minore» (Belloni 1986) dello Studio padovano, in sostituzione a Gabriele Contarini, passato ad locum nobiliorem. È certamente attestato come professore della medesima materia dal 1465 al 1497, ma i suoi avanzamenti di ruolo furono molto lenti nonostante avesse ricoperto incarichi di spicco come la presidenza del Collegio dei giuristi nel 1472 di cui curò il riordino statutario. Mosse dal terzo al secondo ruolo serale nel 1476, in anni di non facile transizione all’interno dell’Università che cercava di essere nuovamente attrattiva per gli studenti dopo le glorie della prima metà del secolo, i pessimi decenni centrali e prima del fulgido Cinquecento (Martellozzo Forin, 2001). Un degno aiuto nell’insegnamento del diritto civile arrivò solo con l’assunzione di Cristoforo Albrizzi alla data 1491, ma fu un breve periodo poiché quest’ultimo venne spostato al ruolo mattutino in sostituzione all’anziano Giovanni Battista Roselli, cugino del celebre Antonio già sepolto nella basilica del Santo. Malanimo e difficoltà oggettive contribuirono a lasciare vacante la prima cattedra serale che venne finalmente proposta e ricevuta dall’Orsato il 3 settembre 1494, in concorrenza all’amico bolognese Marco Antonio Bonetti Baviera (Belloni 1986). Il Senato Veneto ritenne però questo ruolo non adatto alla sua figura e già il 17 giugno 1496 decise di retrocederlo. Alcuni testi riferivano come suo sostituto in cattedra Giasone del Maino, rinomato cultore e già professore in città tra il 1485 e il 1487, ma la notizia non è plausibile anche a causa dell’infezione agli occhi che aveva momentaneamente colpito lo stesso Maino (Santi 2006). Il sollevamento del docente, del resto, non fu mai effettivo anche per la caparbietà di Orsato che tenne lo scranno fino alla morte, sopraggiunta nel volgere di un anno ovvero nel 1497. Viene ricordato dalle fonti come proficuo scrittore di consilia, oratore pubblico e in più occasioni presso lo stesso Senato; tra le allocuzioni più celebri è segnalata da Scardeone quella per il vescovo Barozzi mentre, al di fuori dello Studio e del foro, lo si può ritrovare anche come membro della Veneranda Arca del Santo dall’anno 1487, momento in cui Jacopo Parisati da Montagnana stipulava il contratto per la decorazione ad affresco del nuovo chiostro del Noviziato (Bonaccorsi 2021). Oltre ad Antonio, il sarcofago ospita i resti di Gaspare, suo fratello. Laureato nel 1471 in utroque iure, iscritto al collegio dei giuristi e attestato come professore di diritto civile nel 1481; Scardeone lo indica «non minus doctus aut clarus» (Belloni 1986), ma sembra che il suo ruolo nell’Università fosse tutto sommato ancillare, confinato a cattedre serali in terzo luogo.

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cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Esterno alla basilica di Sant’Antonio, sagrato della chiesa, addossata alla parete settentrionale.

matriali e tecniche

Struttura in laterizio, avello in pietra calcarea rossa ammonitica, pietra grigia.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

Il sarcofago Orsato è un’arca in pietra calcarea rosso ammonitico, scolpita sul lato visibile con i blasoni di famiglia raffiguranti gli orsi rampanti inscritti in un pavese da cui serpeggiano e si arricciano due nastri; nella parte mediana è presente la dedicazione incisa in una sorta di piedistallo sguanciato leggermente rilevato (Salomonio 1701). L’avello è sopraelevato rispetto al selciato grazie a un basamento in pietra grigia e a tre gradini di cui i due inferiori realizzati nel medesimo materiale lapideo della parte sottostante, l’ultimo invece in pietra bianca. Il primo elemento di stacco dal terreno funge anche da base per la costruzione di una volta sostenuta dalla classica tripartizione formata da una coppia di dadi, colonnine lisce di ordine tuscanico -realizzate con la stessa pietra dell’arca Orsato- e sobri pulvini. Il complesso diventa dunque un’edicola con arco a sesto acuto rialzato nel lato lungo e archi a tutto sesto su quelli corti; decoro e ritmo sono dati unicamente dalle profilature degli archivolti che sempre in laterizio, vedono però un’apparecchiatura di costa apportando uno stacco tra le diverse parti. Peducci in terracotta creano in fine il raccordo tra gli archi dei lati corti e la parete basilicale. Gonzati sottolinea che questa è l’unica tomba, tra le tante prima presenti, sottratta alle demolizioni che hanno interessato la facies esterna della basilica nel 1763 (Gonzati, 1853). A partire dalla tumulazione di Antonio Orsato, l’avello ha accolto le spoglie sia del fratello Gaspare che quelle di Marco loro nipote. Come attestano gli ultimi versi dell’epitaffio questa memoria venne restaurata dagli eredi della famiglia.

bibliografia

Bernardinii Scardeonii De antiquitate urbis patavii et claribus civis patavini, Basilea 1560, pp.184-185; Angelo Portenari, Della felicità di Padova, Pietro Paolo Tozzi, Padova 1623, pp. 236-237; Jacobi Salomoni Urbis Patavinae inscriptiones sacrae, et prophanae, Johannes Baptista Caesari, Padova 1701, p. 353 ; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll.II, Antonio Bianchi, Padova 1853, vol. II, pp. 150-151; Annalisa Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV, V. Klostermann, Frankfurt am Main 1986, pp. 141, 340; Elda Martellozzo Forin, L’Università di Padova al tempo di Donatello, in «Padova e il suo Territorio», XVI(2001), 92, pp. 15-18 Flavio Santi, Maino, Giasone del, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2006, Vol. 67, pp. 605-607; Giulia Foladore, Il racconto della vita e la memoria della morte nelle iscrizioni del corpus epigrafico della basilica di Sant’Antonio di Padova (secoli XIII- XV), XXI ciclo della scuola di dottorato in scienze storiche dell’Università di Padova, supervisori professoressa Nicoletta Giovè Marchioli, professore Antonio Rigon, 2009 Padova, vol. I. , pp. 119, 158; 166-167; vol II, pp. 69, 98-100 ; Giulia Foladore, Parole di Pietra: le epigrafi quattrocentesche del Santo, in “Il Santo”,  L (2010), fasc. 2-3, pp. 349-359; Chiara Bonaccorsi, Mantegna: i precedenti e gli epigoni dalla Pala delle Ostie a Jacopo da Montagnana, in La pontificia basilica di Sant’Antonio in Padova a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 967-1005: p. 994.

autore scheda

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