GIRELLI GIROLAMO

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biografia

Girelli si iscrive tra i successori di Trombetta nelle discipline filosofiche dello Studio patavino; dopo la morte di Simone Ardeo (Gonzati 1853), infatti, la cattedra di metafisica sarà sua per ben ventisei anni, ovvero fino al 1565. Frate Girolamo nacque a Brescia nel 1490, si istruì a Bologna con Pietro Pomponazzi e si laureò senza dubbio entro il 1528, presumibilmente in teologia (Franchini 1693; Ottaviani 2001). Divenne lettore presso le università di Perugia dal 1528 al 1530, Pavia nel 1533 e dal 1539 al 1540 divise la cattedra di metafisica tra le città di Bologna e Padova. In quest’ultima città dopo la scomparsa di Ardeo, per ben due anni la cattedra era rimasta vacante. Girelli fu docente e teologo di enorme spessore, partecipò alla fase iniziale del Concilio di Trento nel biennio 1545-47 (Ottaviani 2001), fu rettore del convento del Santo nel 1549 e deve essere segnalato in quanto primo inquisitore che interrogò lo studente luterano Pomponio Algerio (Franchini 1693), condannato poi a Roma alla pena capitale il 19 agosto 1556.  Girelli, ritiratosi dalle aule universitarie già nel 1565, morì all’età di ottantatré anni il 5 marzo 1573, a Brescia nel refettorio del convento di San Francesco dove era tornato sentendo approssimarsi la fine. Il suo testamento, redatto già nel 1567 dal notaio Gaspare Villani e rinvenuto da Luca Siracusano nell’archivio di stato di Padova (Siracusano 2013), illumina sul perché tra la morte del frate e l’erezione della sua memoria siano intercorsi più di sette anni. Il motivo fu una lite intercorsa tra i conventuali del Santo di Padova e quelli bresciani, alla base della disputa un consistente prestito di cinquecento ducati contratto dall’Arca del Santo nei confronti del professore che spesso beneficiava convento e basilica padovana con sue elargizioni (Poppi 2021). Il denaro ancora non corrisposto dai padovani, per testamento, sarebbe dovuto andare ai nipoti sotto forma di pensione, ma un codicillo steso pochi giorni prima della morte, indicava i frati bresciani come beneficiari dei rimanenti trecento ducati non ancora saldati, con buona pace dei nipoti di Girelli. La situazione si chiuse solo nel 1579 a favore dei lombardi e il riavvicinamento tra le parti venne scolpito nell’epitaffio (Luisetto 1983; Siracusano 2013).

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cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Controfacciata, pilastro di destra, lato corto rivolto verso la parete settentrionale.

matriali e tecniche

Pietra di Custoza, pietra nera, marmo di Carrara.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

L’opera essendo collocata nella parte corta del pilastro di controfacciata ha dimensione castigata, ma poiché davanti all’entrata della basilica, il luogo in sé venne definito dallo storico e vescovo Tomasini nel 1649 un «locus sublimis» (Siracusano 2013) per la commemorazione di un defunto. Ben distanti dalla sobria e potente idea architettonica portata in basilica da Danese Cattaneo nei decenni precedenti è invece ravvisabile il richiamo diretto al monumento di Simone Ardeo, imputabile sia alla volontà imitativa dei committenti sia alle scelte del Consiglio cittadino che richiedeva una certa omogeneità nella caratterizzazione dei tributi scolpiti. Tuttavia, il ridursi della superfice e l’affastellamento che si scorge nel monumento producono un diverso equilibrio; prevale una certa pesantezza causata dalla conduzione dello scalpello, un netto valore chiaroscurale e la forte evidenza degli elementi di stacco tra i vari livelli. Partendo dal basamento retto da mensoline, la parte mediana vede al centro un mascherone muliebre ben elaborato che sviluppa simmetriche volute terminanti in foglie. Al di sopra si sviluppa l’edicola commemorativa contenente due coppie di erme femminili, la stele dedicatoria e il busto del defunto racchiuso in una valva di conchiglia. Lateralmente, come per il monumento a frate Ardeo, la prima coppia di pilastri dalle fattezze umane regge una trabeazione spezzata su cui poggia il timpano dell’edicola; le altre due erme invece, meramente decorative e senza alcuno scopo strutturale, incorniciano l’ovale con epigrafe dedicatoria del professore Girelli. La definizione di questi elementi, tratti dal classico e sempre più in voga a partire dal secondo decennio del Cinquecento, mostra nel confronto con il busto del docente tutto lo scarto tra la maestria di Campagna – il princial scultore che abbi operato nell’Arca – (Siracusano 2013) e quella del tagliapietra che definì e realizzò l’edicola. L’effigiato è uno dei rari ritratti ascrivibili direttamente al Campagna e mostra un frate emaciato e scarno, solcato dalle rughe, dal collo lasso e puntellato da corta e ispida barba, ma ben saldo e sicuro. Le labbra sono carnose incorniciate da mosca e baffi, la fronte corrugata denota un prolungato e incessante utilizzo mentre gli occhi seppur appesantiti dalla fatica, appaiono svegli e attenti; proprio l’enfasi su questi due ultimi elementi fa trasparire la dimensione dell’uomo. A chiudere il monumento, non un teschio come in quello Trombetta, bensì un’allegoria, lavorata dal Campagna, probabilmente da sciogliere in riferimento all’attività intellettuale del professore: una donna velata che tiene un libro aperto retto dall’aquila. Committente fu Massimiliano Beniamino da Crema, membro religioso dell’Arca del Santo, inquisitore di Padova, vescovo di Chioggia dal 1585 alla morte. Nella supplica per la costruzione della memoria dedicata a Girello, rintracciata da Sartori e analizzata da Siracusano, Massimiliano si presenta come allievo del defunto. L’approvazione del progetto da parte del Consiglio cittadino è datata 18 gennaio 1580 e con essa si decise di posizionare il cenotafio nel luogo ormai tradizionale per la commemorazione dei filosofi dell’Ordine francescano: la controfacciata della basilica antoniana. Il tempo intercorso tra la morte del cattedratico e l’erezione della memoria è in questo caso imputabile, non ai ritardi degli artisti, bensì alla lite accesasi tra i frati di Padova e quelli del convento di San Francesco di Brescia, luogo di origine e della stessa dipartita terrena di Girelli. Nella dedicazione al defunto incisa sul monumento, oltre al discepolo Beniamino vengono citati anche i frati lombardi, a segnalare dunque la ritrovata concordia tra le parti nella comune commemorazione dell’illustre confratello. È frutto della recente disamina del corpus scultoreo padovano ad opera di Luca Siracusano l’attribuzione, per le parti di maggior prestigio, a Girolamo Campagna, evidentemente divenuto nel tempo uno degli artisti prediletti, di frate Massimiliano. Non va tralasciato infatti che l’esordio solista di Campagna avvenne grazie anche all’appoggio, tra gli altri, di questo sacerdote nel dicembre del 1573 quando a ventiquattro anni e dopo la morte del maestro Danese Cattaneo, gli subentrò per l’ultima rappresentazione dei miracoli antoniani da compiersi nel sacello del Santo di Padova. Il soggetto mai iniziato da Cattaneo doveva rappresentare il Miracolo del giovane di Lisbona e avrebbe dovuto concludere l’allestimento decorativo protrattosi per oltre settant’anni. Il successo fu totale e venne reiterato nel 1579 quando partecipò e vinse, assieme a Cesare Franco, il concorso bandito per la realizzazione del nuovo altare basilicale voluto dall’Arca del Santo in sostituzione al capolavoro donatelliano. Anche in questo caso tra i giudicanti era coinvolto Beniamino da Crema; pochi mesi dopo quella vittoria, giunse la commemorazione per Girello.

bibliografia

Giovanni Franchini, Bibliosofia e memorie letterarie di scrittori francescani conventuali ch’hanno scritto dopo l’Anno 1585, Eredi Soliani, Modena 1693, pp. 399-400; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II , Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, vol. II, p. 208-209; Giovanni Luisetto a cura di, Archivio Sartori, documenti di Storia e Arte francescana, Voll. IV, Biblioteca Antoniana-Basilica Antoniana, Padova 1983, vol. I, p. 668; Alessandro Ottaviani, Girelli Girolamo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2001, vol. 56, pp. 501-502; Luca Siracusano, Scultura a Padova 1540- 1620 circa, Monumenti e ritratti, XXVI ciclo della scuola di dottorato in Studi umanistici dell’Università degli studi di Trento, supervisore Professore Andrea Bacchi, Trento 2013, pp. 194, 418- 425; Luca Siracusano, “Egli supera ogni aspetatione”. Il giovane Girolamo Campagna fra il collezionismo d’Oltralpe e la basilica del Santo, in «Nuovi Studi. Rivista di Arte antica e moderna», 18 (2013), 19, pp. 123- 144;, Girelli Girolamo, in Clariores dizionario biografico degli studenti e dei docenti dell’università di Padova, a cura di Piero Del Negro, Padova University press, Crocetta del Montello 2015, p. 174; Antonino Poppi, Lineamenti di una storia della comunità francescana del Santo dalle origini alle soppressioni napoleoniche (25 aprile 1810), in La pontificia basilica di sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 17-241: p. 91; Luca Siracusano, “Patria dalla quale sono usciti tanti scultori eccellentissimi”: dopo Donatello, fino alla fine del Cinquecento, in La pontificia basilica di sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021 pp. 1071-1153:  pp. 1110, 1136 – 1140.

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