DESCALZI OTTONELLO il Giovane

biografia

Il patrizio Ottonello Descalzo (Portenari 1623) detto il Giovane dai cronisti, per non cadere nell’omonimia con un celebre avo della seconda metà del Trecento, nacque da Antonio Descalzi nel 1536 e si addottorò in utroque iure con Marco Mantova Benavides nel 1560. Fu personaggio di spicco nella cultura padovana tra i due secoli, accumulò ingenti fortune grazie alla carriera universitaria e al suo esercizio nel foro. Fu membro e cassiere dell’Arca del Santo, oratore nella capitale dove il doge Pasquale Cicogna lo creò cavaliere di San Marco, compì missioni diplomatiche presso l’imperatore Rodolfo II che a sua volta lo insignì del titolo di conte palatino (Gonzati 1853). Sposò Elisabetta Zabarella, che gli sopravvisse e curò le sue volontà testamentarie, e con lei ebbe diversa discendenza. Ottonello insegnò per quarantadue anni e maturò una notevole consuetudine con gli studenti tedeschi che lo elessero loro avvocato e protettore; la carriera universitaria (Tomasini 1630; Papadopoli 1726) iniziò con l’insegnamento del diritto civile nel 1565 e passò quindi al secondo luogo della cattedra vespertina di diritto canonico l’11 ottobre 1576. Detenne questo ruolo fino al 1586 anno in cui fece ritornò alla cattedra del diritto civile, materia da lui impartita fino alla morte avvenuta nel maggio 1607. Per sua insindacabile volontà venne sepolto senza alcuna celebrazione solenne e solo temporaneamente nella chiesa dei Carmini, in attesa del completamento del giaciglio voluto nel braccio destro del transetto degli Eremitani dove era situata anche la tomba dell’avo Ottonello Descalzi senior (Siracusano 2013).

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cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Secondo pilastro di sinistra, rivolto verso la controfacciata.

autori

matriali e tecniche

Pietra di Nanto, stucco dipinto e dorato, busto in stucco.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

Il monumento entra perfettamente nella tipologia dell’architettura funebre celebrativa a cavallo tra i secoli e corrisponde ampiamente ai moduli elaborati da Cesare Bovo. Due modiglioni alla base reggono zoccolo e plinto di colonna corinzia con pulvino, trabeazione e timpano spezzato. Tutti gli elementi aggettanti sono posizionati lungo l’asse che parte dalle mensoline della base, mentre il resto del cenotafio è schiacciato a parete; l’opera è poi perimetralmente racchiusa da pilastri e trabeazione ribattuti su muro. Al centro della memoria campeggia, entro una nicchia incorniciata da vittorie alate, il busto di Ottonello Descalzi in stucco; austero, dalla fronte contratta che gli imprime un’espressione severa. La gorgiera ben lavorata declina sotto la barba e l’effigiato mostra, su di un farsetto ben abbottonato e richiuso tra il collo impellicciato del mantello, la catena con croce simbolo del titolo di conte palatino datogli dall’imperatore Rodolfo. Questa collana, le superfetazioni date da blasoni degli studenti e l’aquila bicipite nel mezzo della trabeazione, caratterizzano immediatamente il deposito come monumento della Nazione Germanica. Sono inoltre tutti elementi dipinti, così da risaltare immediatamente rispetto al grigio della pietra di Nanto. I primi due stemmi (Benucci 2007) su modiglioni indicano le famiglie Hiller e Brandis mentre quelli all’apice appartengono alle famiglie Rammingen e Weitersheim. Il monumento, a causa dei giudizi assolutamente negativi degli scrittori ottocenteschi, non godette mai di osservazioni e confronti puntuali e a riconoscere qui l’operato di Cesare Bovo è stato Siracusano nella sua tesi di dottorato (Siracusano 2013). La sua importanza risiede invece anche nel fatto che fu la prima delle opere commissionate dalla Nazione Germanica dei giuristi nella navata della basilica, andando quindi a caratterizzare questo spazio come a loro dedicato (De Vincenti, Guerriero 2021), in accordo col capitolo dei frati e in competizione con la Nazione Polacca di cui lo stesso maestro Cesare Bovo, nello stesso anno, aveva realizzato un altare oggi disperso. Sommo era il fastidio delle famiglie nobili locali che vedevano ridursi sempre più lo spazio per la loro autorappresentazione. Il monumento è, come detto, una memoria al professore, avvocato degli studenti tedeschi e non la tomba contenente le spoglie; il progetto è collocabile nel 1607, anno della supplica portata ai frati e dell’approvazione del Consiglio cittadino (Luisetto 1983). Il corpo dell’effigiato trovava invece sepoltura nella chiesa degli Eremitani ed era posto dinnanzi alla cappella di Antonio Ovetari in un monumento terminato dopo il 1608 oggi non più esistente, commissionato da Elisabetta Zabarella moglie di Ottonello, ma che per volontà del defunto doveva essere nella materia usata e nel portamento del tutto simile a quello del giurista Lazzaro Bonamico nella chiesa di San Giovanni di Verdara, progettato da Alessandro Maggi, scolpito e fuso per opera di Danese Cattaneo.

bibliografia

Angelo Portenari, Della felicità di Padova, Pietro Paolo Tozzi, Padova 1623, p. 246; Iacobi Philippi Thomasini Illustrium virorum elogia iconibus exornata, Donatum Pasquardum & Socium, Padova 1630, pp. 215 – 228; Nicolai Comneni Papadopoli Historia Gymnasii Patavini, II, Sebastiano Coletti, Venezia 1726, p. 262; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II , Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, vol. II, pp. 241-242; Giovanni Maria Luisetto a cura di, Archivio Sartori: documenti di storia e arte francescana, Voll. IV, Biblioteca Antoniana-Basilica del Santo, Padova 1983, vol. I, pp. 672-673; Franco Benucci, Stemmi di scolari dello Studio patavino fuori delle sedi universitarie, Antilla, Treviso 2007; Luca Siracusano, Scultura a Padova 1540- 1620 circa, Monumenti e ritratti, XXVI ciclo della scuola di dottorato in Studi umanistici dell’Università degli studi di Trento, supervisore Professore Andrea Bacchi, Trento 2013, pp. 463-467; Monica De Vincenti, Simone Guerriero, Monumenti sepolcrali del Seicento, in La pontificia basilica di sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 1397-1458 : pp. 1400- 1403.

autore scheda

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