SALA PAGANINO

biografia

Paganino nacque nella prima metà del Trecento da Corrado Sala, fu nipote di Pietro e per fratello ebbe Daniele. La famiglia, illustre nella disciplina giuridica (Portenari 1622), è detta dalle fonti erudite locali come di origine tedesca, stabilita nel dodicesimo secolo a Santa Maria di Sala nei pressi di Padova dove ancora nel XIV secolo possedeva diversi fondi (Gloria 1888). Giudice, professore, ambasciatore sottile e altamente considerato dalla signoria carrarese, Paganino fu più volte impegnato in questioni delicatissime come la cessione di Treviso, Feltre e Belluno o la stipula della pace con il Duca d’Austria nel 1382. Profuse il suo impegno nelle vicende legate alle guerre per i confini con Venezia nel 1372, 1381 e 1387, nell’alleanza politica sugellata dalla stesura del contratto matrimoniale tra Lieta da Carrara, figlia di Francesco il Vecchio e di Fina Buzzaccarini con il conte di Ortenburg Federico III e infine come ambasciatore a Milano nel 1388. La brillante carriera, terminata tragicamente, iniziò dopo il dottorato avvenuto negli anni cinquanta del Trecento; lo si ritrova ascritto al collegio dei giudici nel 1359, come priore in quello dei giuristi nel 1365, in cattedra di diritto civile tra gli anni settanta e ottanta. Suoi intimi, ugualmente docenti a Padova e legati a doppio filo con i Carraresi, furono il filosofo e medico Giovanni Dondi e il giurista Arsendino degli Arsendi, figlio di Raniero. Uguale strato sociale per le due mogli: Biancofiore da Casale e Agnese di Francesco Capodivacca; la prima morì nel 1383 e fu sepolta al Santo in un’arca con dedicazione che mette in luce non solo l’altissima tempra culturale nell’élite umanistica locale, ma anche l’amore che questo personaggio nutriva per la sposa (Gonzati 1853; Foladore 2009). Francesco il Vecchio da Carrara, signore di Padova (Gloria 1888; Bianchi 2017) per ricambiare fedeltà e l’aiuto ricevuto da Paganino, lo innalzò al rango di miles e tuttavia, con l’incombere dei Visconti sui territori padovani e soprattutto dopo la totale vittoria di Gian Galeazzo, nacque il sospetto che il professore avesse intessuto una trama opposta agli interessi dei legittimi signori di Padova e favorevole invece ai lombardi. L’accusa principale imputatagli dai delatori fu quella di aver convinto Francesco il Vecchio all’abdicazione in favore del figlio Francesco che successivamente avrebbe dovuto trattare con Gian Galeazzo Visconti per la cessione di Padova, fatti effettivamente accaduti grazie alla mediazione svolta dalla famiglia dei marchesi Lupi di Soragna e da Francesco Dotto. Dalle cronache dei Gatari (Medin, Tolomei 1909-1931) si evince però come la stessa posizione imputata al Sala, l’ebbe il signore Francesco il Vecchio, che riteneva il trono riconquistabile in un secondo momento. Il figlio Francesco II però, opponendosi alla limpida fatalità dei ragionamenti paterni e dei consiglieri, tentò comunque una resistenza militare contro il milanese. Nella sua organizzazione vendette ingenti terreni al fine di racimolare i denari necessari per l’esercito e di questa necessità approfittò, come molte altre famiglie locali, anche lo stesso Paganino che accrebbe senza dubbio in maniera ingente i suoi possedimenti terrieri. Sbaragliati i filo-carraresi, il duca di Milano e di Virtù entrò a Padova e Paganino venne creato feudatario di alcune proprietà in provincia, elemento ambiguo che non depose certo a suo favore nella ricerca di possibili traditori interni alla corte. Nel 1390 capendo che la città sarebbe stata riconquistata dal Novello e sapendo di essere considerato da quello come da altri signori un nemico, divenne, previo giuramento di fedeltà, cittadino di Venezia assieme ai figli. Il trionfale ritorno dei Da Carrara significò comunque la sua condanna a morte (Portenari 1623). Secondo la Cronaca carrarese venne impiccato dinnanzi alla chiesa di San Clemente da Bonaccorso de Nasseri, altro cavaliere e presunto traditore del Carro trucidato poco dopo (Medin, Tolomei 1909-1931). Di Paganino sono conosciuti quattro figli (Bianchi 2017), Daniele canonico della cattedrale come lo zio paterno dal medesimo nome (Dondi Orologio 1805) e rinunciatario della stessa per la necessità d’impalmare Filippa da Curtarolo, Pietro, Castellana che divenne moglie di Jacopo Dotto e in fine Bassana che fu badessa del monastero di Santo Stefano.

cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Arca di famiglia nel chiostro del Capitolo, lato sud.

Arca di Biancofiore da Casale, zona absidale, terza cappella radiale di sinistra dedicata a San Leopoldo già di San Giovanni Battista, parete destra.

matriali e tecniche

L’arca di Corrado e Daniele Sala in pietra di Nanto, marmo.

L’arca di Biancofiore da Casale in marmo.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

La tomba di Corrado Sala, giudice padovano, padre di Daniele e Paganino, è un sarcofago a parete ubicato nel chiostro del Capitolo della basilica del Santo (Wolters 1984). È scolpito e ripartito verticalmente in tre sezioni mentre alla sommità corre orizzontalmente una cornice con carnose foglie d’acanto. L’opera, ancora nel suo contesto originario, è collocabile negli anni cinquanta del Trecento e mostra elementi comuni a quelli degli altri sarcofagi veneti del periodo, in particolare l’impostazione a colonnine tortili e l’annunciazione con Angelo e Vergine scolpiti come elementi di profilatura della parte frontale. Non comune è invece la figura di Corrado qui rappresentato non in posizione prostrata e adorante, ma in piedi, a colloquio dinnanzi alla Vergine assisa in trono e reggente il Bambino, abitante di un ambiente in cui si intravedono pareti addobbate da cortine che ben si addicono alle stanze signorili del tempo. L’atteggiamento della figura del defunto è stato osservato con interesse da Wolters (Wolters 1984) che ha ipotizzato, vista la rarità della rappresentazione, una possibile derivazione dalla scultura di Enrico Scrovegni nella nicchia del presbiterio della cappella all’Arena. A riempire e completare gli spazi dell’avello Sala vi sono poi croci inscritte in quadrilobi rilevati e applicati una base in marmo mischio. Sono qui ben visibili i danni dovuto allo sgretolamento ed esfoliazione della pietra; la differente qualità stilistica e lo stesso confronto con le croci più danneggiate fa intendere che alcuni di questi elementi non siano in realtà originali, ma piuttosto risarcimenti postumi alla prima messa in opera. Come da prassi, l’intera architettura si regge su due mensoline scolpite con lo stemma gentilizio Sala dove oggi, dopo campagna diagnostica e di restauro promossa dalla Soprintendenza, dall’Università di Padova e dall’Istituto Veneto per i Beni Culturali (Spiazzi, Fassina 2009), è possibile intravvedere le ultime tracce di pigmento rosso; canonico il fatto che tutto il monumento fosse dipinto e diversi campioni sono stati raccolti anche dalla formella centrale con la Vergine. La targa marmorea al di sotto del sarcofago sala indica qui presenti Daniele fratello di Paganino e suo padre Corrado.

L’arca di Biancofiore da Casale nella cappella dedicata a san Leopoldo, ma precedentemente di san Giovanni Battista (Baldissin 2021), nel deambulatorio della basilica di Sant’Antonio è un semplice sarcofago in marmo che testimonia quanto la cultura signorile e padovana sia già nel pieno umanismo. Eliminata ogni superfetazione, il sepolcro si mostra con frontale liscio in cui è ospitata centralmente la sola croce antoniana in bassorilievo; cornici modanate perimetrano l’avello per la sua lunghezza mentre i lati più corti sono sagomati con due colonne tortili dal capitello corinzio stilizzato. La sommità è infine lavorata con una splendida selva di foglie d’acanto, certamente più rifinita e aggraziata rispetto all’Arca di Corrado Sala. Anche in questo caso i blasoni familiari sono incisi nelle mensoline, mentre la dedicazione corre orizzontalmente lungo il bordo della pietra sepolcrale e non invece su di una targa esterna. L’arca di Biancofiore come luogo di sepoltura di Paganino è messa in dubbio da Gonzati, che abbraccia invece, sulla scorta di Scardeone, la possibile tumulazione del professore nel sepolcro di suo padre e suo fratello; Wolters (Wolters 1984) invece pur non entrando nello specifico tema reputa che il sepolcro di Biancofiore sia contestualmente quello del marito, probabilmente sulla scorta di Portenari che segnala la tomba “nella chiesa del Santo nella cappella de i Sala dietro il choro” del Santo (Portenari 1621). Rimanendo adesi alle attuali sopravvivenze come fa invece Foladore (Foladore 2009), nessuna evidenza prova che in una di queste due tombe sia stato accolto anche Paganino dopo l’impiccagione dinnanzi alla chiesa di San Clemente ordinata da Francesco Novello.

bibliografia

Angelo Portenari, Della felicità di Padova, Pietro Paolo Tozzi, Padova 1623, pp. 246-247; Francesco Scipione Dondi Orologio, Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova, Tipografia del Seminario, Padova 1805, p. 194; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II , Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, pp. 47-48, 88-89, ; Andrea Gloria, Monumenti della Università di Padova (1318-1405), Tipografia del Seminario, Padova 1888, pp. 146-149; Antonio Medin, Guido Tolomei a cura di, Cronaca Carrarese confrontata con la redaizione di Andrea Gatari 1318- 1407, in Rerum Italicarum scriptores : raccolta degli storici italiani dal cinquecento al millecinquecento, vol. XVII, Casa editrice S. Lapi, Città di Castello 1909- 1931; Wolfgang Wolters, Il Trecento, Le sculture del Santo di Padova, a cura di Giovanni Lorenzoni Neri Pozza Editore, Vicenza 1984, pp. 13-14, 16; Giulia Foladore, Il racconto della vita e la memoria della morte nelle iscrizioni del corpus epigrafico della basilica di Sant’Antonio di Padova (secoli XIII- XV), XXI ciclo della scuola di dottorato in Scienze storiche dell’Università di Padova, supervisori Professoressa Nicoletta Giovè Marchioli, Professore Antonio Rigon, 2009 Padova, vol. II, pp. 156-158, 272-276 ; Anna Maria Spiazzi, Vasco Fassina a cura di, I monumenti funerari nei chiostri della Basilica antoniana in Padova. Indagini e ricerche per la conservazione, Il Prato, Padova 2009, pp. 13-14; Francesco Bianchi, Sala Paganino, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2017, vol. 89, pp. 643-645.

autore scheda

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