FULGOSIO RAFFAELE

biografia

Il Monarca, così lo appellò Savonarola (Portenari 1621; Segarizzi 1902) per i meriti conseguiti nell’insegnamento e nell’esercizio della disciplina, nacque da Giovanni dei Fulgosio nel 1367 probabilmente a Piacenza (Bukowska Gorgoni 1998). Studiò diritto a Bologna con Bartolomeo da Saliceto e a Pavia dove suoi docenti furono Nicola Spinelli (Caldarazzo 2018) e Cristoforo Castiglioni. Durante gli anni lombardi conobbe quello che divenne il suo grande sodale, Raffaele Raimondi da Como con cui condivise onori, cattedre e la tragica fine (Gallo 2015; Valsecchi 2016). A Pavia, dopo il passaggio dell’esame di diritto privato nel 1387, divenne lettore della materia presso lo Studio e conseguì la laurea in utroque iure il 23 gennaio 1390. Mantenne dunque la cattedra in quella città fino al 1405 alternando però alcuni mesi di lezione nella città natale; a Venezia si pensò a lui come docente fin dal 1407, ma giunse a Padova solo nel 1409 (Papadopoli 1726; Bukowska Gorgoni 1998): la prima data si riferisce alla volontà di assunzione che il Senato Veneto aveva manifestato nei suoi confronti, dunque la spedizione dell’ambasciatore Rosso Marin per l’appianamento di ogni possibile causa impedente, infine con il 1409 l’effettiva immissione in ruolo nello studio patavino come docente di diritto civile. Seppur tacciato d’essere autore prezzolato a causa di posizioni spesso a favore dei committenti di turno, godette di ottima fama nella pratica del diritto civile e suoi consilia e glosse rimasero ampiamente diffusi ben dopo la morte (Belloni 1986). Anche se docente del diritto civile, non si confinò a quella sola materia, ma tenne l’insegnamento del diritto canonico come successore di Francesco Zabarella, ormai non più in cattedra dal 1410 poiché vescovo di Firenze e poco più tardi cardinale. A riprova della sua maestria nella disciplina vi è l’impegno, congiuntamente ad altri professori padovani e tra questi in prima linea l’illustre congedato Francesco Zabarella, nelle consulenze giuridiche del concilio di Costanza con il quale si sarebbe dovuto appianare lo Scisma d’Occidente. Fulgosio fu per altro difensore pubblico di Baldassarre Cossa ovvero Giovanni XXIII e l’atto di rinuncia alla tiara del 1415 porta anche la sua firma. Tornato a Padova, dovette velocemente abbandonarla nel 1420 per mettersi in salvo dall’imperversare della peste; cessato il morbo fu spostato nuovamente alle lezioni del diritto civile per il lauto stipendio di mille ducati. Con il 1427 però, si riaffacciò in città il morbo e questa volta Fulgosio non gli sfuggì, morendo il giorno 12 settembre, all’età di sessant’anni. Come evidenzia Carrington (Carrington 1996), in quel preciso momento molti cattedratici padovani sembrano essere deceduti e tra loro va annoverato anche l’amico Raffaele Raimondi che, rifugiatosi a Vicenza, spirò il 20 ottobre (Valsecchi 2016). Al Monarca subentrò Gian Francesco Capodilista. Fulgosio ebbe tre mogli e Giovanna de Beccaria, ultima tra le impalmate, fu sua erede universale sopravvivendogli fino al 17 luglio del 1439; venne sepolta nella chiesa di San Nicolò dove la lastra tombale ancora presente in loco esalta anche le qualità del di lei defunto marito.

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cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Parete esterna alla cappella della Madonna Mora.

provenienza

Padova, Basilica di Sant’Antonio, abside, dinnanzi alla terza cappella radiale di sinistra dedicata a San Giovanni.

matriali e tecniche

Pietra d’Istria, broccatello rosso veronese.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

L’arca di Raffaele Fulgosio è un maestoso monumento (Segarizzi 1902) che, come sottolinea Gonzati, andò ben oltre le previsioni testamentarie dell’effigiato (Gonzati 1853). L’edicola era collocata tra i pilastri dell’abside dinnanzi alla cappella di San Giovanni Battista e dunque venne pensata come osservabile sia frontalmente che di tergo; l’opera consta di cinque livelli egualmente ripartiti nei due prospetti e suddivisibili in uno zoccolo con epigrafi dedicatorie, una fascia con personificazioni di virtù – quattro cardinali più la speranza e la carità inserite in nicchie intervallate da pilastri corinzi –, un terzo livello con cartiglio dedicatorio interamente svolto da cherubini, mentre sul fronte opposto una decorazione a roselline funge da base per tre formelle quadrilobate in cui sono scolpiti Cristo passo, la Vergine alla sua sinistra e san Giovanni evangelista a destra. Il gisant del defunto si trova sopra questa struttura ed è doppio e speculare sui due lati dell’arca; questa iconografia è ormai una prassi celebrativa consolidata qui al Santo fin dall’avvento del sarcofago di Raniero degli Arsendi. Il cattedratico ritratto veste la toga dell’uomo di legge e la dimestichezza con gli strumenti della cultura è reiterata dalla presenza del libro stretto al petto e da quelli presenti ai suoi piedi. A vegliare sulla salma scolpita, due luttuosi astanti per ogni lato. L’apice del mausoleo è costituito da un baldacchino cuspidato e decorato con foglie d’acanto in cui si mostra al centro, tra racemi fogliati, il blasone Fulgosio. Corre al di sotto il motivo dei drappelli con imprese della famiglia alternate a rose mentre ai lati scendono le cortine che, avviluppandosi e ricadendo agli estremi del monumento, si aprono come una quinta sul cataletto dai piedi leonini. Foladore individua nella sepoltura di Raffaele Fulgosio un momento di ridefinizione politica degli spazi basilicali (Foladore 2009), un ormai compiuto avvicendamento tra signoria carrarese e repubblica del Leone avvenuto nella città di Padova. Se antecedentemente al 1405 la stragrande maggioranza degli illustri personaggi che qui si facevano inumare avevano saldi interessi nella dinastia del Carro, tanto da caratterizzare il santuario e le sue prossimità come un’appendice del potere costituito, ora invece questo ruolo cessa. Iniziarono inoltre a essere sepolti gli attuatori o collaboratori dei nuovi signori e proprio tra i primi in questo senso è collocabile Fulgosio che ricoprì diversi incarichi pubblici per la Serenissima (Foladore 2009). Nel suo testamento il Monarca chiedeva una tomba, o arca, onorevole nella quale si sarebbe dovuto spendere tutto ciò che i padri francescani avrebbero concesso. Il Professore lasciò alla Basilica mille lire affinché fosse iscritto tra i benefattori della Chiesa e ricordato, dopo la sua dipartita, il settimo, trentesimo, centesimo giorno e perpetuamente nell’anniversario della morte (Carrington 1996). Fulgosio spese poi cinquecento lire per l’allocazione del luogo e lasciò centocinquanta ducati d’oro per la pompa funebre. Il contratto per l’erezione del sepolcro datato 5 marzo 1429, porta la firma della vedova e venne commissionato a Pietro Lamberti da Firenze (Rigoni 1972); vengono qui specificati tutti gli elementi decorativi e la posizione dell’arca nell’intercolumnio davanti alla cappella di San Giovanni Battista. L’opera doveva essere nella sua fase finale, se non già completata, dall’ottobre 1430 poiché il maestro Lamberti già trasferito a Verona lasciava a Padova il solo Giovanni di Bartolomeo a riscuotere alcuni pagamenti (Rigoni 1972); senza dubbio era stata portata a termine nei suoi apparati lapidei prima del 15 gennaio 1431, data in cui si procedeva all’ingaggio di Giovanni di Nicolò d’Alemagna che si sarebbe occupato di stendere, entro maggio, le pitture dai colori fini e preziosi sull’arca, ornarne le prossimità e il pavimento per il compenso di cinquanta ducati. L’intera decorazione della lastra tombale è andata irrimediabilmente persa nel 1651 quando tra il 22 giugno e il 13 luglio Gianfrancesco Dotto e padre Maggiolo (Gonzati 1853; Lorenzoni 1984; Baldissin 2020), reggenti della Basilica, ebbero il consenso dai deputati della Città per lo spostamento del sepolcro dall’ambulacro del coro al muro attinente alla cappella Obizi dove tutt’oggi si vede. Nell’Ottocento Pietro Selvatico, pur considerandola magnifica, reputava che l’avello, a causa della commistione tra un linguaggio ancora prerinascimentale ed elementi che guardavano al nuovo lessico quattrocentesco, dovesse essere un innesto di più pezzi riutilizzati dallo scultore a cui era stata allocata l’opera (Selvatico 1869). La critica successiva (Rigoni 1970; Lorenzoni 1984) evidenziò invece la coerenza delle parti e indicò, proprio negli elementi notati dal Selvatico, il punto nodale per la storia dell’arte e la porosità di quel momento storico: un preciso passaggio tra le epoche che rendono il monumento Fulgosio catalizzatore delle profonde spinte tra il nuovo che avanzava e il retaggio di un lessico in via di superamento. In accordo con quest’analisi, una tra le molte riflessioni possibili e delle più interessanti deriva dall’accostamento tra il mausoleo di Padova e quello per l’antipapa Giovanni XXIII, rappresentato al Concilio di Basilea proprio dal docente. Gli autori fiorentini impegnati al Santo, ben prima del soggiorno veneto di Donato de Bardi ripresero, a pochi anni dal suo svelamento nel 1427-28, elementi del sepolcro Coscia, considerabile uno degli archetipi rinascimentali per questo genere di commemorazioni.

bibliografia

Bernardinii Scardeonii De antiquitate urbis Patavii et claribus civis Patavini, ex officina Nicolai Episcopii iunioris, Basilea 1560, p. 402; Angelo Portenari, Della felicità di Padova, Paolo Tozzi, Padova 1623, p. 229; Nicolai Comneni Papadopoli Historia Gymnasii Patavini, Sebastiano Coleti, Voll. II, Venezia 1726, vol. I, pp. 210- 211; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II, Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, vol. II, pp. 119- 121; Pietro Selvatico, Guida di Padova e dei principali suoi contorni, Tipografia e Libreria editrice F. Sacchetto, Padova 1896, p. 66; Arnaldo Segarizzi a cura di, Michaelis Savonarole Libellus De magnificis ornamentis regie civitatis Padue, in Rerum Italicarum scriptores, Raccolta degli storici italiani dal cinquecento al millecinquecento, Editore S. Lapi, Città di Castello 1902, vol. XXIV, p. 34; Erice Rigoni, L’arte rinascimentale in Padova. Studi e documenti, Editrice Antenore, Padova 1970, pp.105-106; Giovanni Lorenzoni, Un possibile percorso tra le sculture, in Le sculture del Santo di Padova, a cura di Giovanni Lorenzoni, Neri Pozza Editore, Vicenza 1984, pp. 219-231: pp. 221-222; Annalisa Belloni, Professori giuristi a Padova nel secolo XV, V. Klostermann, Frankfurt am Main 1986, pp.306-311; Jill Emilee Carrington, Sculpted tombs of the professors of the University of Padua c. 1353 c. 1557, Art dissertation, Syracuse University 1996, pp. 298-306 ; Cristina Bukowska Gorgoni, Fulgosio Raffaele, Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 1998, vol. L, pp. 699-702; Giulia Foladore, Il racconto della vita e la memoria della morte nelle iscrizioni del corpus epigrafico della basilica di Sant’Antonio di Padova (secoli XIII- XV), XXI ciclo della scuola di dottorato in Scienze storiche dell’Università di Padova, supervisori Professoressa Nicoletta Giovè Marchioli, Professore Antonio Rigon, 2009 Padova, vol. I, p. 92, 118-119; Donato Gallo, Fulgosio Raffaele, in Clariores dizionario biografico degli studenti e dei docenti dell’università di Padova, a cura di Piero Del Negro, Padova University press, Crocetta del Montello 2015, p. 164; Chiara Maria Valsecchi, Raimondi Raffaele detto il Cumano, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2016, vol. 86, pp. 239-241; Claudio Caldarazzo, Spinelli Nicola, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 2018, vol. 93, pp. 645-648; Giovanna Baldissin Molli, 1450: Presbiterio e dintorni nel Santo di Padova, in «Il Santo», LX (2020), 1-2, pp. 93-140.

autore scheda

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