SALA GIACOMO

biografia

Giacomo Sala, fratello di Ettore, Giulio e Daniele. Fu avvocato per la Cattedrale di Padova (Dondi Dall’Orologio 1805) e dal 2 settembre 1633, dopo la morte di Bernardino Coco, altro patrizio veneto, divenne canonico nella stessa. Professore nell’Università impartì fino al 1641, stesso anno della morte del fratello Giulio, il diritto feudale per poi occupare la seconda cattedra del diritto canonico. Con la morte di Lelio Mancini avvenuta nel 1654, esordì nell’agognata prima lezione del mattutino arrivando a percepire uno strabiliante salario di settemila lire venete ‘ di buona valuta’ (Gloria 1887) e quantificato invece da Papadopoli nella cifra di millequattrocento fiorini (Papadopoli 1726). Munifico committente degli scultori della famiglia Allio e dei Corbarelli (Rigoni 1970), a lui si deve la cura nel ricordo dei fratelli e dei parenti, nonché l’apparecchiamento del proprio sepolcro in cui venne posto dal 19 maggio 1675.

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cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Primo pilastro di destra, rivolto verso la navata centrale.

matriali e tecniche

Marmo bianco, marmo rosso, pietra di paragone.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

Con la data 17 gennaio 1657 il Consiglio cittadino diede il suo assenso affinché fosse innalzato nella basilica del Santo l’ennesimo deposito alla memoria dei Sala (Luisetto 1983), questa volta dedicato ai due fratelli Ettore e Giulio. Il primo aveva percorso la carriera militare ed era morto a Padova per la peste del 1631 mentre deteneva la carica di Provveditore di Sanità, il secondo finì la sua vita a distanza di dieci anni mentre insegnava medicina; rimanevano dunque gli altri due fratelli, Daniele e Giacomo, a occuparsi dell’onore e della celebrazione pubblica. La commissione fu affidata a Matteo Allio scultore di origine lombarde ben presente a Padova e al Santo assieme al fratello Tommaso, collaboratore anche in quest’opera (Semenzato 1984; Molteni 1999). Il contratto di allocazione del progetto non è stato ancora rintracciato, ma la presenza di Matteo si ricava da un atto rogato molto più tardi, nel 1670, con un terzo scultore di nome Francesco Corbarelli, impegnato, dopo la morte degli Allio, in un’ulteriore memoria Sala – quella militare posta nel pilastro dinnanzi- (Rigoni 1970) che si voleva gemella a questa. La dimestichezza di Giacomo Sala con gli Allio è invece nota grazie a un documento datato 1663 in cui il nobile li ingaggiò per avere delle sculture con le fattezze di Mercurio, di Pallade e per un suo busto ritratto con blasone; per tutte e tre doveva essere usata la pietra di Fimon. Dal busto venne inoltre cavata una copia in marmo che fu posta, dopo la dipartita del committente, all’apice del monumento in basilica (Rigoni 1970; Molteni 1999; De Vincenti, Guerriero 2021). Tutte le opere in pietra vicentina sono attualmente disperse. Nella basilica del Santo, Matteo progetta una nicchia con superfice rivestita da pietra di paragone e il cui perimetro interno risulta modanato da marmo rosso mentre esternamente crea una profilatura a gradoni con quello bianco. I tre Sala sono posti all’interno di questo spazio, in un piacevole contrasto tra il fondo scuro e il bianco del marmo da cui sono ricavati. Nella parte bassa del monumento compaiono i busti imputabili direttamente allo scalpello di Matteo: Ettore in armatura e Pietro alla sua sinistra. Sono posti su plinto modanato dall’ingombro minimo, ma sviluppato in larghezza per ospitare la parte epigrafica. In posizione apicale, sorta di appendice al monumento stesso, appare il busto di Giacomo, anch’egli montato su piedistallo dedicatorio, ma questa volta dalle fattezze di una pergamena srotolata. Visto lo scarto con gli esempi sottostanti si è tentati di ricondurre questo ritratto alla mano di Tommaso. Nel complesso il brano è indicato dalla critica (De Vincenti, Guerriero 2021) come una parentesi non troppo riuscita tra le diverse prestazioni degli autori, ma il lessico architettonico allestito da Matteo e che traeva origine dal vicino monumento al professor Wesling eretto negli anni cinquanta del secolo, verrà riproposto da Francesco Corbarelli nel 1670 per il cenotafio dirimpetto a questo, dedicato a Pietro Sala, giovane militare morto nella difesa di Candia.

bibliografia

Angelo Portenari, Della felicità di Padova, Pietro Paolo Tozzi, Padova 1623, p. 253; Nicolai Comneni Papadopoli Historia Gymnasii Patavini, Voll. II, Sebastiano Coletti, Venezia 1726, vol. I, pp.154, 364-365; Francesco Scipione Dondi Orologio, Serie cronologico-istorica dei canonici di Padova, Tipografia del Seminario, Padova 1805, p. 200; Bernardo Gonzati, La Basilica di S. Antonio di Padova descritta ed illustrata, Voll. II, Coi tipi di Antonio Bianchi, Padova 1852-1853, vol. II pp. 263-264; Andrea Gloria, I più lauti onorari degli antichi professori di Padova, Tipografia Giammartini, Padova 1887, p. 38 ; Erice Rigoni, L’arte rinascimentale in Padova. Studi e documenti, Editrice Antenore, Padova 1970, pp. 339-347; Camillo Semenzato, Il secolo XVII: tombe e cenotafi in Le sculture del Santo di Padova a cura di Giovanni Lorenzoni, Neri Pozza Editore, Vicenza 1984, pp. 173- 192: pp. 180- 182; Elisabetta Molteni, Garvo Allio Matteo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia italiana, Roma 1999, vol. 52, pp. 408- 409; Monica De Vincenti, Simone Guerriero, Monumenti sepolcrali del Seicento, in La pontificia basilica di Sant’Antonio in Padova, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, pp. 1397-1458: pp.1418-1422.

autore scheda

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