SELVATICO BENEDETTO

biografia

Il medico Benedetto Selvatico, figlio di Bartolomeo e di Adriana de Lazara, nacque a Padova il 5 novembre del 1574 (Mantovani 1984; Savoia 2018). Benedetto seguì tutte le tappe della carriera universitaria: si laureò nel 1597, fu nominato lettore straordinario di Medicina teorica nel 1603, professore straordinario di Medicina pratica in secundo loco nel 1607 e in primo loco nel 1612, ancora, divenne professore ordinario di Medicina pratica in secundo loco nel 1618 (Rippa Bonati 2005). Pur essendo vietato ai padovani il ricoprire la carica di professore in primo loco, ottenne la cattedra nel 1632 per le sue virtù e per il “credito di lunga esperientia, desiderato nelle principali letture degli altri studi d’Italia, richiesto alle principali cure dei Principi, e di Corte Cesarea” (Selvatico Estense 1922). Fu, infine, nominato professore straordinario. Fu medico famoso della nobiltà veneta ma anche italiana ed europea, compiendo un soggiorno a Mantova presso i Gonzaga e, nel 1619, a Graz alla corte asburgica. Nel 1637 ricevette dal re polacco Ladislao IV una lettera in cui veniva nominato conte Palatino e regio protomedico (Tomasini 1654). Fu, ancora, insignito dell’importante onorificenza del cavalierato di San Marco (1630) e, dal 1658, la Serenissima concesse alla famiglia il titolo comitale (Dal Porto 2007). Ancora, fu nominato protettore della Natio Germanica Artistarum (1635), importante associazione studentesca dello Studio patavino, e a celebrazione dell’evento esiste un suo ritratto a stampa (Wolfenbüttel, Biblioteca Herzog August, inv. Io.12590.1). Dal 1623 fu membro dell’Accademia dei Ricovrati, della quale fu principe nel 1634 e nel 1635. Nello stesso anno di fondazione della Biblioteca Universitaria (1631), egli donò un importante nucleo di millequattrocento libri a stampa e trentaquattro manoscritti di soggetto giuridico che erano stati di proprietà del padre e del fratello Giovanni Battista (Mantovani 1984), quest’ultimo effigiato in un monumento al Santo. A ricordare il dono, fu apposta nella Sala dei Giganti, all’epoca adibita a Biblioteca Universitaria, un’iscrizione pubblica (Zaramella 1997). Benedetto pubblicò un monumentale volume, i Consiliorum et responsorum medicinalium centuriae quatuor (Padova 1656), contenente centinaia di consulti medici frutto della sua cinquantennale attività di cura. L’opera segue ancora i dettami della medicina galenica, che si dedicava a ristabilire l’armonia degli umori all’interno del corpo, e non prende in considerazione le novità introdotte da Girolamo Fabrici d’Acquapendente, ideatore del Teatro anatomico nel palazzo del Bo, e le teorie sulla circolazione sanguigna di William Harvey. Se i Selvatico abitarono fin dai primi del Quattrocento in via Vescovado (Fantini d’Onofrio 2005), spetta proprio a Benedetto l’aver ristrutturato l’insieme eterogeneo di edifici di proprietà della famiglia (ora palazzo Buzzacarini Luzzato Dina, sede del Dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’Antichità dell’Università), come attesta l’iscrizione in stucco datata 1623 posta nell’androne (Maggiolo 1983). Benedetto si premurò anche di arredare il palazzo con alcuni dipinti dei Bassano provenienti dalla Galleria dei Gonzaga, donatigli nel 1645 da Maria Gonzaga duchessa di Mantova (Fatuzzo, Pattanaro, Pietrobelli, Svalduz 2022). Il complesso fu visitato da Franz Schott che attestò che il medico “ha reffabricato appresso il Domo il suo nobil palazzo facendovi una galleria nobilissima, giardini con fontane, uccelliere, et mille altre cose bellissime, oltre li molti libri, et pitture” (Schott 1654, p. 19v). Si deve menzionare, inoltre, la villa di Sant’Elena a Battaglia Terme sui Colli Euganei, acquistata dal padre Bartolomeo e poi ristrutturata da Benedetto (Franceschi 2005; Mancini 2005). La scalinata scenografica era un tempo decorata da diverse statue dello scultore vicentino Girolamo Albanese (De Vincenti 2005). Il medico promosse anche l’erezione dell’altare dell’Addolorata nella basilica di Sant’Antonio che incornicia la pala della Deposizione di Cristo (1652) di Luca Ferrari da Reggio (Bresciani Alvarez 1964, ed. 1999; Ton 2021). Benedetto morì il 18 luglio 1658 e fu sepolto nella tomba di famiglia nella cattedrale di Santa Maria Assunta. Più tardi (1693), i pronipoti Bartolomeo e Benedetto fecero apporre una targa in memoria dello zio. Anche il padre Bartolomeo, illustre giurista e professore universitario, venne tumulato nella Cattedrale. La famiglia Selvatico si prodigò molto alla ristrutturazione della Cattedrale, in particolare a partire dallo stesso 1693 favorì l’edificazione della cappella del Santissimo Sacramento (Dondi dall’Orologio 1794); ancora, un’iscrizione del 1707 elogiava i lavori di ampliamento del tempio sostenuti dal canonico Bartolomeo Selvatico (Ferretto 1810), da identificare nel pronipote di Benedetto. Pochi anni prima (dal 1692) lo stesso Bartolomeo commissionò il monumentale pulpito ligneo su disegno del genovese Filippo Parodi (Benuzzi 2015), ornato dall’arma di famiglia.

cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Cappella di San Lorenzo Giustinian, parete ovest.

matriali e tecniche

Marmo nero inciso.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

I fratelli Bartolomeo e Benedetto, nipoti del defunto, dedicarono l’iscrizione al loro zio nel 1693. Il manufatto, posto sulla parete ovest della cappella di San Lorenzo Giustinian, era già ricordato da Salomonio (1701) “ad aram S. Laurentii” con la presenza del busto del defunto poiché si specifica la posizione dell’epigrafe “in pariete sub icone marmorea”, oggi perduta. Ferretto (1814) trascrive l’iscrizione e ne ricorda anche un’altra risalente al 1594, quando un antico monumento dei Selvatico posto nel chiostro fu ricostruito in chiesa (“Nobilium Sylvaticorum monumentum in peristylio ad templum vetustate jam prope dirutum cinere ossibusque translatis hic restitutum MDXCIV idibus decemb.”). A ricordare la lapide del XVII secolo sono anche gli studi novecenteschi (Checchi, Gaudenzio, Grossato 1961; Bellinati 1977). Il testo celebra la carriera di Benedetto rispettivamente come medico, come cavaliere di San Marco e come bibliofilo. Egli, infatti, fu titolare della cattedra di Medicina pratica nello Studio patavino e guaritore di potenti personaggi del calibro dell’imperatore Ferdinando III d’Asburgo e di Ladislao IV, re di Polonia; grazie ai suoi buoni rapporti con il patriziato veneziano – nel 1625 redasse l’orazione pubblica del Collegio dei medici letta in Palazzo Ducale in occasione dell’ambasceria padovana per l’elezione del nuovo doge Giovanni Cornaro – venne nominato dal Senato Veneto cavaliere di San Marco; infine, come erudito, pubblicò diversi libri e ne donò molti alla biblioteca dello Studio. L’utilizzo del marmo nero, la scelta compositiva di occupare con il testo tutta la superficie della lastra e la struttura complessiva che prevedeva un ritratto marmoreo con la sottostante iscrizione sono dovuti al modello di riferimento legato alla famiglia dei Selvatico: l’iscrizione di Bartolomeo Selvatico, padre di Benedetto, risalente ai primi del Seicento e collocata vicino all’altare di San Girolamo, nella navata opposta.

bibliografia

Iacobi Philippi Thomasini Gymnasium Patavinum, Ex Typographia Nicolai Schiratti, Udine 1654, pp. 299, 316, 455; Franz Schott [Francesco Scoto], Itinerario overo nova descrittione de’ viaggi principali d’Italia, appresso Mattio Cadorini, in Padova 1654, p. 19v; Jacobi Salomoni Urbis Patavinae Inscriptiones sacrae et profanae, Patavii, sumptibus Jo. Baptistae Caesari Typogr. Pat., 1701, pp. 17-18 n. 87; Francesco Scipione Dondi dall’Orologio, Due lettere sopra la fabbrica della Cattedrale di Padova, nella Stamperia Penada, in Padova 1794, pp. 1-55: 46-47; Giacomo Ferretto, Iscrizioni sacre e profane della città di Padova parte omesse nelle sue collezioni MDCCI e MDCCVIII da Jacopo Salomonio e parte le posteriormente scoperte e poste raccolte e con varie annotazioni illustrate da me D. Giacomo Ferretto di Monselice, 1810, manoscritto, Padova, Biblioteca Civica, BP.1.992, p. 9; Giacomo Ferretto, La Cattedrale. Il Vescovato, 1814, manoscritto, Padova, Biblioteca Civica, BP.156.1, p. 56; Giuseppe Vedova, Biografia degli scrittori padovani, 2 voll., Tipografia della Minerva, Padova 1832-1836: II (1836), p. 200; Giovanni Selvatico Estense, Adriano Spigelio e Benedetto Salvatico, in Settimo centenario della Università di Padova. XV maggio 1922. Numero unico, Fratelli Drucker, Padova 1922, pp. 52-53; Claudio Bellinati, Appendice. Epigrafi e iscrizioni, in Claudio Bellinati, Umberto Gamba, Giulio Bresciani Alvarez, Lucio Grossato, Il Duomo di Padova e il suo Battistero, Sarmeola di Rubano (PD) 1977, pp. 53-67: 57-58; Marcello Checchi, Luigi Gaudenzio, Lucio Grossato, Padova. Guida ai monumenti e alle opere d’arte, Neri Pozza, Venezia 1961, pp. 554-555; Giulio Bresciani Alvarez, L’altare della Deposizione nella basilica del Santo di Padova, «Il Santo», IV (1964), 3, pp. 289-303 (ora in G. Bresciani Alvarez, Architettura a Padova, a cura di Giovanni Lorenzoni, Giuliana Mazzi, Giancarlo Vivianetti, Il Poligrafo, Padova 1999, pp. 111-122); Attilio Maggiolo, I soci dell’Accademia patavina dalla sua fondazione (1599), Accademia Patavina di Scienze Lettere ed Arti, Padova 1983, p. 305; Gilda Mantovani, Un fondo di edizioni giuridiche dei secoli XV-XVII: il «dono Selvatico», Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1984; Valerio Zaramella, Iscrizioni della città di Padova, Centro Studi Antoniani, Padova 1997, p. 206; Monica De Vincenti, Le sculture seicentesche di Villa Selvatico, «Padova e il suo territorio», XX (2005), 116, pp. 19-22; Francesca Fantini d’Onofrio, L’archivio della famiglia Selvatico, «Padova e il suo territorio», XX (2005), 116, pp. 8-10; Alessandra Franceschi, I Selvatico, vicende familiari e patrimoniali, «Padova e il suo territorio», XX (2005), 116, pp. 4-7; Vincenzo Mancini, La prima villa Selvatico sul colle “della Stupa” a Battaglia Terme, «Padova e il suo territorio», XX (2005), 116, pp. 15-16; Maurizio Rippa Bonati, Benedetto Selvatico “Publicus Primarius Professor Patavinus”, «Padova e il suo territorio», XX (2005), 116, pp. 17-18; Alberto Dal Porto, I Selvatico-Estense nobili padovani, «Padova e il suo territorio», XII (2007), 128, pp. 14-15; Fabien Benuzzi, Percorso tra la scultura del Seicento e del Settecento nella Cattedrale di Padova, in La Cattedrale di Padova. Archeologia Storia Arte architettura, a cura di Girolamo Zampieri, L’Erma di Bretschneider, Roma 2015, pp. 495-525: 503-507; Paolo Savoia, Selvatico, Benedetto, in Dizionario Biografico degli Italiani, XCI, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 2018 (solo online); Denis Ton, Il Seicento e il Settecento pittorico, in La Pontificia Basilica di Sant’Antonio in Padova. Archeologia Storia Arte Musica, a cura di Luciano Bertazzo, Girolamo Zampieri, 3 voll., L’Erma di Bretschneider, Roma 2021, II, pp. 1475-1510: 1490-1491; Simone Fatuzzo, Alessandra Pattanaro, Giulio Pietrobelli, Elena Svalduz, Palazzo Luzzato Dina Buzzacarini, in Patavina Libertas. Una storia europea dell’Università di Padova (1222-2022). Arti e architettura. L’università nella città, a cura di Jacopo Bonetto, Marta Nezzo, Giovanna Valenzano, Stefano Zaggia, Padova University Press, Donzelli editore, Padova 2022, pp. 141-148, tavv. 135-138.

autore scheda

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