VOLPI GIOVANNI ANTONIO

biografia

Il letterato, editore, filologo Giovanni Antonio Volpi nacque a Padova il 10 novembre 1686 da Giovanni Domenico e Cristina Zeno (De Tipaldo 1841; Maggiolo 1983; Nardo 1987; Chinaglia Benetazzo, Sperotti Giacometti 2002; Ruffato 2015; Trovato 2020). Compì studi umanistici e giuridici in ambito locale, prima alle scuole dei Gesuiti, poi assistendo alle lezioni al Seminario e infine conseguendo la laurea in Diritto il 14 aprile 1708, a ventidue anni. Diede prova fin da giovane delle sue capacità poetiche traducendo in italiano alcuni versi del De rerum natura e volgendo in latino alcuni canti della Gerusalemme liberata (perduti). Curò, appena ventiquattrenne, un’edizione critica di Catullo, Tibullo e Properzio (1710) che gli diede ampia fama negli ambienti letterari padovani, tanto che già nel 1712 entrò nell’Accademia dei Ricovrati, della quale fu poi segretario e principe (Callegari 2001). Nell’Accademia discusse il tema affidatogli da Antonio Vallisneri “Che non debbono ammettersi le donne allo studio delle scienze e delle belle arti”, poi pubblicato nel 1723, sfidando in contraddittorio Guglielmo Camposampiero che trattava la tesi opposta. Il padre Giovanni Domenico (1660-1745), finché era ancora in vita, donò a Giovanni Antonio e al fratello Gaetano Cristoforo (1689-1761) la sua importante biblioteca, di cui si dà notizia nel volume La libreria de’ Volpi (1756) e di cui qualche esemplare si trova alla Biblioteca Nazionale Marciana (Misc. 1385; Marc. Lat. XIII 78 = 4224-4227). Giovanni Antonio fondò insieme ai fratelli Gaetano e Giovanni Battista (quest’ultimo professore di Anatomia) nella residenza di famiglia (Palazzo Campana-Volpi-Vezzù in via Dante) una tipografia diretta dal libraio Giuseppe Comino. Le edizioni Volpi-Cominiane erano degli esemplari di pregio, per specialisti, curate nei minimi dettagli nella scelta della carta, dei caratteri e delle illustrazioni e, soprattutto, nel rigore testuale e nella ricchezza degli apparati. Le prime opere stampate danno l’idea delle scelte editoriali dei tre fratelli, interessati non solo a opere di letteratura, ma anche di scienza e medicina di illustri professori dello Studio di Padova: nel 1717 uscirono il De motu acquae mixto di Giambattista Poleni e gli Adversaria anatomica di Giovanni Battista Morgagni. Negli anni seguenti vennero stampate le rime di Iacopo Sannazzaro (1719), una riedizione dei Marmi eruditi di Sertorio Orsato (1719), un’edizione del De rerum natura (1721), ma soprattutto alcune delle sue opere più importanti, la Divina Commedia […] ora accresciuta di un doppio rimario e tre indici copiosissimi (1726-1727) e nel 1737 il Liber di Catullo (Callegari 1991, 1995a, 1995b, 2002; Fiesoli 2006). Fu, quindi, professore nello Studio patavino ottenendo la seconda cattedra di Filosofia ordinaria nel 1727 e, sostituendo Domenico Lazzarini nel 1736, quella di Umanità Greca e Latina. Entrò nel 1739 nell’Accademia dei Concordi (ne elaborò il motto virgiliano Mens omnibus una est) e, soprattutto, nel 1754 nell’Accademia della Crusca. Negli ultimi anni, a causa del rilevante dispendio economico, i fratelli Volpi lasciarono al solo Comino la direzione della tipografia (1756), mentre Giovanni Antonio abbandonò la cattedra universitaria (1760) a causa di problemi alla vista che di lì a poco lo resero cieco. Venne però nominato professore emerito e gli fu assegnato uno stipendio annuo di seicento fiorini in virtù dei suoi trentadue anni di insegnamento e dei meriti culturali ottenuti con la sua stamperia. Morì la notte tra il 24 e il 25 novembre 1766 e fu sepolto nella chiesa di Santa Lucia insieme alla moglie, la veronese Margherita Moschini (Gennari 1982-1983). Il legame di Volpi con la chiesa di Santa Lucia si deduce anche dal fatto che, durante il rinnovamento settecentesco del tempio, egli si occupò dello spostamento all’esterno, su via Santa Lucia, dell’iscrizione di Lombardo della Seta, segretario di Francesco Petrarca (Benucci 2005-in corso).

Leggi di più

cronologia

tipologia tomba

posizione nell'edificio

Piano terra, parete est, al di sotto delle scale, nell’andito ad arco.

provenienza

Padova, chiesa di Santa Lucia.

matriali e tecniche

Ovale in marmo inciso con cornice perimetrale ribassata.

iscrizioni

stato di conservazione

note storico-critiche

Se vari eruditi del Sette-Ottocento si sono premurati di trascrivere l’epitaffio (Fabroni 1787; Federici 1809; Vedova 1832-1836), poiché potevano ancora leggere il brano nella sede originaria (la chiesa di Santa Lucia), dopo il trasferimento della lastra nell’oratorio di San Rocco, se n’era di fatto persa la memoria, tanto che gli studiosi moderni non potevano far altro che ricordarla in modo generico. La lapide faceva parte di un sepolcro terragno più complesso oggi non più esistente. A descriverlo in tutte le sue parti è Gaetano Volpi, il fratello di Giovanni Antonio, a soli otto anni dalla sua realizzazione (Volpi 1756). L’iscrizione ovale era attorniata da quattro “orecchioni” in marmo di Carrara contenenti l’arma Volpi, l’arma Moschini, “un’Aquila incontro al Sole, simbolo di Risurrezione” e “un ragno tessente sua tela”; le cornici scanalate erano in marmo giallo da Trento. Gaetano era, con ogni evidenza, bene informato sulla genesi della sepoltura, poiché tramanda anche i significati dell’aquila e del ragno: l’aquila simbolo di Resurrezione si collega al Salmo 102, 5 (“Renovabitur ut aquilae juventus tua”), mentre il ragno al Salmo 89, 10 (“Anni nostri sicut aranea meditabuntur”), tradotto in versione poetica dal Petrarca nel Sonetto 140 (“Quanto al mondo si tesse, opra d’aragna / vede”). Sempre Gaetano ricorda gli altri sepolcri della famiglia esistenti nella chiesa, ma anche l’altare del Crocifisso, il terzo a destra dall’entrata, commissionato dal padre Giovanni Domenico e decorato dal Crocifisso di Giovanni Bonazza del 1733 (Guerriero 2013), unico elemento rimasto dell’altare che fu trasportato nella parrocchiale di Ponte San Nicolò nel 1933 (Evangelisti 1975). Fabroni ricorda la lapide di Volpi (“monumento […] cum hac inscriptione”), ma anche un elegante tetrastico composto dallo stesso Giovanni Antonio e posto vicino all’altare del Crocifisso. In ogni caso, la posizione dell’iscrizione qui presa in esame era non lontano dal centro della navata, come specifica Giacomo Ferretto (1810). In un periodo successivo agli anni quaranta dell’Ottocento, periodo in cui Giuseppe Vedova (Vedova 1832-1836; Colle, Vedova 1841) menziona la lastra a Santa Lucia, essa fu spostata nel vicino oratorio di San Rocco e affissa alle pareti dell’ambiente insieme ad altre undici lapidi. Rimase lì fino al restauro del 1930 curato da Andrea Moschetti e Ferdinando Forlati (Moschetti 1930), quando fu collocata insieme alle altre sotto alla scala che porta al piano superiore, dove si trova tutt’ora (Pietrobelli 2018-2022). La parte iniziale in greco è tratta quasi alla lettera dai Salmi (15, 9): “La mia carne riposerà nella speranza”. La parte finale, invece, si scioglie con la dicitura che sanciva l’inviolabilità della tomba anche da parte degli eredi del defunto: Hoc Monumentum Haeredis Non Sequatur. L’iscrizione, datata 1748, venne realizzata quando Giovanni Antonio era ancora in vita (nell’iscrizione: “V(ivens) F(ecit)”). L’abate Gennari (ms, inizio del XIX secolo), oltre a trascrivere il testo, ricorda che il corpo fu sistemato “nel sepolcro che vivendo si aveva apparecchiato, e dove era stata posta Margarita Moschini veronese, sua moglie, di pochi anni premorta a lui”.

bibliografia

Gaetano Volpi, La libreria de’ Volpi, e la stamperia Cominiana illustrate con utili e curiose annotazioni, Giuseppe Comino, Padova 1756, pp. 512-515; Angelo Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII. et XVIII. floruerunt, vol. XIII, Aloysius Raphaellius, Pisa 1787, pp. 270-298: 293-295; Giuseppe Gennari, Notizie per la Vita di Giannant[oni]o Volpi stese dall’Ab. Giusep[p]e Gennari, manoscritto, inizio del XIX secolo, Padova, Biblioteca Civica, BP.4263, cc. 18r-32v: 29r-v; Fortunato Federici, Annali della tipografia Volpi-Cominiana colle notizie intorno la vita e gli studi de’ fratelli Volpi, nel Seminario, Padova 1809, 3-38: 37; Giacomo Ferretto, Iscrizioni sacre e profane della città di Padova parte omesse nelle sue collezioni MDCCI e MDCCVIII da Jacopo Salomonio e parte le posteriormente scoperte e poste raccolte e con varie annotazioni illustrate da me D. Giacomo Ferretto di Monselice, 1810, manoscritto, Padova, Biblioteca Civica, BP.1.992, c. 71; Giuseppe Vedova, Biografia degli scrittori padovani, 2 voll., Tipografia della Minerva, Padova 1832-1836: II (1836), pp. 396-400: 398; Emilio De Tipaldo, Volpi (Gianantonio), in Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti dei secolo XVIII, e de’ contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia, vol. VIII, dalla Tipografia di Alvisopoli, Venezia 1841, pp. 49-54; Andrea Moschetti, La scuola di San Rocco e i suoi recenti restauri, «Padova. Rivista comunale dell’attività cittadina», IV (1930), 1, pp. 15-67: 32; Francesco Maria Colle, Giuseppe Vedova, Fasti Gymnasii Patavini iconibus exornati ad anno MDCCLVII usque ad MDCCLXXXVII, e voll., ex Officina Angeli Sicca, Patavii 1841, I, p. 149; Annamaria Evangelisti, La chiesa di S. Lucia a Padova (III), «Padova e la sua provincia», XXI (1975), 1, pp. 21-25: 23; Giuseppe Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall’anno 1739 all’anno 1800, introduzione, note ed apparati di Loredana Olivato, 2 voll., Rebellato, Cittadella (PD) 1982-1984, I, pp. 12-13, 331, 411; II, pp. 642, 662, 819, 822; Attilio Maggiolo, I soci dell’Accademia Patavina dalla sua fondazione (1599), Accademia Patavina di Scienze Lettere ed Arti, Padova 1983, p. 359; Dante Nardo, Giovanni Antonio Volpi filosofo, latinista, editore (1686-1766), «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», 20 (1987), pp. 101-115; Marco Callegari, La tipografia Volpi-Cominiana (1717-1756): gestione dell’azienda ed attività commerciale, «Bollettino del Museo Civico di Padova», 80 (1991), pp. 279-301; Marco Callegari (a), Giovanni Antonio Volpi editore universitario, «Quaderni per la storia dell’Università di Padova», 28 (1995), pp. 1-21; Marco Callegari (b), “Tipografi e umanisti” a Padova nel ’700: i fratelli Volpi e la Stamperia Cominiana, «Archivio Veneto», s. V, 145 (1995), pp. 31-63; Marco Callegari, Giovanni Antonio Volpi (1686-1766) accademico Ricovrato, in Dall’Accademia dei Ricovrati all’Accademia Galileiana atti del convegno, a cura di Ezio Riondato, Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti, Padova 2001, pp. 211-215; Marco Callegari, Dal torchio del tipografo al banco del libraio. Stampatori, editori e librai a Padova dal XV al XVII secolo, Il Prato, Padova 2002; Alberta Chinaglia Benetazzo, Anna Sperotti Giacometti, Giovanni Antonio Volpi, in Professori e scienziati a Padova nel Settecento, a cura di Sandra Casellato, Luciana Sitran Rea, Antilia, Padova 2002, pp. 172-176, 31-32 (per il fratello Giovanni Battista); Franco Benucci, Corpus dell’Epigrafia Medievale di Padova, 2005-in corso, scheda 64, S. Lucia 1 (consultabile online http://cem.dissgea.unipd.it/); Giovanni Fiesoli, Giovannantonio Volpi lettore di Catullo: i modelli, il metodo, la fortuna, «Seicento e Settecento», 1 (2006), pp. 105-148; Simone Guerriero, Il Crocifisso di Giovanni Bonazza nella chiesa di Santa Lucia, in L’uomo della Croce. L’immagine scolpita prima e dopo Donatello, catalogo della mostra a cura di Carlo Cavalli e Andrea Nante, Scripta, Verona 2013, pp. 233-247; Serena Ruffato, Volpi Giovanni Antonio, in Clariores. Dizionario biografico dei docenti e degli studenti dell’Università di Padova, Padova University Press, Padova 2015, pp. 348-349; Giulio Pietrobelli, Tiziano Minio, «homo ingeniosus, caelator eximius, sculptorque & fusor celeberrimus», tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova, Dipartimento dei Beni Culturali, tutor Alessandra Pattanaro, ciclo XXXIV (2018-2022), pp. 123-124; Lorenzo Trovato, Volpi, Giovanni Antonio (Giannantonio), in Dizionario Biografico degli Italiani, 100, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2020, pp. 139-142: 142.

autore scheda

Download PDF